martedì 19 settembre 2017

Sapore di.. kiwi  

Continua la nostra rubrica “Sapore di..” con uno dei frutti vitaminici per eccellenza: il kiwi.

Consumato non solo a crudo, ma cucinato per antipasto o dolce, sappiamo che è molto versatile in cucina.

A settembre si riparte con la scuola e il lavoro, e i i kiwi tornano sulle nostre tavole per darci il giusto carico di energia. Iniziamo a vedere i primi frutti mentre la raccolta avviene in autunno.




Le Origini


Questo frutto appartiene al genere Actinidia, dal greco “aktìs“, che significa raggio. Il fiore e la polpa, infatti, sono disposti a ruota. 

Originario della Cina, arrivò in Nuova Zelanda dove fu ribattezzato “kiwi fruit”, cioè frutto dei kiwi, gli uccelli dalla forma tondeggiante e dal piumaggio bruno simbolo neozelandese.

Arrivato in Italia a partire dagli anni Settanta, oggi ne siamo il secondo produttore al mondo con coltivazioni concentrate nell’Agro Pontino, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto e Mantova.




Esportati in tutto il mondo, si possono acquistare fino a primavera inoltrata. Quelli venduti in estate, invece, provengono da Cile e Nuova Zelanda.



Dopo la raccolta vengono refrigerati e messi in container nei quali viene rimosso l’etilene, l’ormone della maturazione,  che li farebbe marcire prima del tempo. Per accelerarne la maturazione vanno conservati in un sacchetto di plastica con una mela.

Il Kiwi come cibo-medicina


È uno dei frutti tra i più liberi da pesticidi. Per sfruttare tutte le proprietà del frutto è bene consumarlo appena aperto e crudo perchè la Vitamina C è volatile e sensibile al calore.
I kiwi sono un “cibo-medicina“ perchè:

  • 100 g di polpa contengono il 166% della quantità giornaliera di Vitamina C raccomandata. Un kiwi ne contiene come tre arance. Ha, inoltre, lo stesso quantitativo di antiossidanti di tre pomodori e il potassio di quindici fragole.



  • Folati e serotonina favoriscono il sonno, è quindi consigliato mangiare due kiwi prima di andare a dormire.
  • La presenza di actinidina (un enzima presente nel frutto) è rilevante se si decide di cuocere la carne con qualche fettina di kiwi: risulterà tenerissima!
  • Fortifica il sistema immunitario e previene l’influenza.
  • Contiene potassio, ferro, fosforo, calcio e fibre per la regolarità intestinale. La luteina aiuta a proteggere la vista, l’arginina sostiene il cuore.

In Cina veniva somministrato ai bambini e alle donne in gravidanza, infatti i folati sono importanti per la crescita del feto. È inoltre importante sottolineare il basso indice glicemico, che lo rende adatto per i soggetti diabetici.



Varietà


Oltre alla varietà verde esiste la varietà gialla e quella rossa.


La rossa è molto particolare perché è caratterizzata da cuore e raggio interno color rubino.

La varietà HFR18 ha più del doppio della vitamina C dei kiwi normali. La Nergi (da Energy) è quella dei formato baby di cui si mangia anche la tenera buccia; sono una vera bomba di energia e Vitamina C!


Piatto consigliato: riso Venere con gamberi e Nergi.


 

venerdì 8 settembre 2017

Peperoni ripieni 


Ancora estate, ancora per poco.

Potrebbe suonare come una minaccia ma dobbiamo arrenderci alla triste realtà. 

Dovremo mettere in letargo shorts e costumi da mare insieme a strabordanti gelati, semifreddi e bibite fresche ma niente è perduto se pensiamo che anche in autunno ci sono piatti che non si arrendono all’arrivo dei primi freddi. Basti pensare al peperone ripieno!



Il peperone


Il nome scientifico “Capsicum” del genere a cui il peperone appartiene, sembra derivare da “capsa” che significa scatola. Il frutto, la bacca che mangiamo, ricorda proprio una scatola con dentro i semi.


Il peperone venne chiamato così per la somiglianza nel gusto con il pepe (piper in latino).


Originario dell’America del Sud, porta con sé i colori vivaci tipici della zona (giallo e rosso). Il peperone verde, in realtà, è una bacca non ancora matura. 

Venne importato in Europa intorno al sedicesimo secolo, insieme ad altri frutti e ortaggi totalmente sconosciuti al Vecchio Continente.


Il peperone è ricchissimo in vitamina C, forse più degli agrumi se lasciato crudo! In particolare quello giallo, mentre il peperone rosso è ricco di betacarotene. Entrambi contengono vitamine del gruppo B.

La vitamina C impedisce l’ossidazione dei tessuti corporei ed è fondamentale per la formazione dei tessuti connettivi.


Da evidenziare la presenza di potassio ma anche ferromagnesio e calcio. Consigliato per le diete ipocaloriche per il suo basso valore calorico.

Ingredienti


  • 7 peperoni gialli e rossi
  • tonno al naturale
  • 1 ciuffo di prezzemolo
  • pangrattato q.b. 
  • pomodorini
  • capperi q.b.
  • sale
  • pepe
  • olio evo

Procedimento


Dividete i peperoni in alto nel senso della larghezza, facendo in modo di mantenere intatta la calotta con attaccato il picciolo. Togliete i semi e lavateli accuratamente. Asciugateli e preparate il ripieno.

Prendete il tonno, il prezzemolo tritato, i capperi,pangrattato,pomodorini tagliati a metàsale, pepe e olio e mescolate il tutto. 

Riempite l’interno dei peperoni e finite con un giro di pangrattato e un giro di olio e.v.o.

Chiudeteli con il tappo ed infornate a forno già caldo a 180° per 30 minuti. Trascorso questo tempo togliere la calotta e cuocere per altri 10 minuti.





Cheesecake

Al cucchiaio o al forno, sotto la neve o sotto la calura d’agosto, non si può rinunciare al dessert.

È normale associare l’estate al gelato ma vogliamo parlare del gusto di un dolce vero e proprio? Oggi prepariamo la cheesecake, famoso dolce americano la cui ricetta arriva direttamente da un’amica che vive in Inghilterra.





Storia


Il primo antenato della moderna cheesecake risale al 776 a.c.  in Grecia. 

Era un dolce a base di formaggio di pecora e miele e veniva servito agli atleti durante i primi giochi olimpici per caricarli di forze ed energie. Furono poi i romani ad esportare il dolce dalla Grecia e la ricetta si propagò in tutta Europa.


La versione più moderna prende spunto dagli Usa. Il New York cheesecake è infatti un dolce tipico della tradizione americana, preparato con crema fresca di formaggio.

Nel 1872 un lattaio americano di nome James L. Kraft, nel tentativo di creare il formaggio francese Neufchatel, inventò il formaggio fresco pastorizzato che poi chiamò Philadelphia, come il nome della città dove era stato creato, e nel 1880 iniziò la grande diffusione di questo prodotto e il suo utilizzo per la preparazione della moderna cheesecake.

Ingredienti

  • 250 g biscotti secchi integrali (digestive)
  • 100 g burro
  • 3 uova
  • 150 g zucchero
  • 3 cucchiai farina 00
  • 250 g philadelphia
  • 250 g panna da montare
  • succo di un limone

Procedimento








Preparate la base con i biscotti sbriciolati e il burro fuso.

Io utilizzo i biscotti DIGESTIVE, famosi biscotti inglesi dalla forma rotonda conosciuti in tutto il mondo. Sono l’ideale per preparare la cheesecake per il loro sapore di burro, a differenza dei normali frollini.

Potete comunque optare per normali biscotti o per qualsiasi biscotto integrale.

Lavorate bene l’impasto con le mani, stendetelo in una teglia da forno (24cm diametro) e mettetelo in frigo per circa mezz’ora.









Passate a preparare il composto: lavorate i tuorli con lo zucchero, aggiungete la farina, il philadelphia, le chiare montate a neve e la panna montata. Infine il succo del limone spremuto.




Mettete il composto sulla base e tutto in forno a 180° per 30 minuti.









Ci sono molte varianti della cheesecake, come quella a freddo che non prevede l’utilizzo del forno.

Personalmente preferisco questa ricetta a quella a freddo proprio per la sua riuscita finale: un sapore unico, soprattutto se accompagnato da una farcia di fragola o frutti di bosco.





Sapore di...sale 

Per chi si fosse perso la prima uscita Sapore di…grano, può ancora rimediare e seguirmi oggi in Sapore di…sale

Esattamente come la famosa canzone ma parliamo di tutt’altro. Alimento cardine nella nostra cucina e protagonista di diverse diatribe sociali.

La storia


Il suo uso ha origini antichissime. Diecimila anni fa, nel Neolitico, la nascita dell’agricolura modificò profondamente lo stile di vita dell’uomo che da nomade si fermò stabilmente.

Nacque, quindi, la necessità di conservare le derrate alimentari deperibili, come carne o pesce, ed ecco che entrò in scena il sale. L’unica eccezione riguarda gli eschimesi che potevano utilizzare il ghiaccio che li circondava.


La storia dei popoli dell’area mediterranea si identifica con la storia di questo alimento, ritenuto più prezioso dell’oro. Chiamato, infatti, oro bianco, sappiamo che le “vie del sale” costituivano le strade commerciali dell’antichità e questo commercio è stato alla base delle politiche e speculazioni economiche per millenni.


Da notare l’importanza di questo alimento, che è entrato attivamente anche nel nostro linguaggio quotidiano; basti pensare alla parola “salario“, che deriva proprio dall’usanza antica di pagare con il sale.




Prestare attenzione


Tutti sappiamo che ridurne il consumo è difficile. Ne sono consigliati 5-6 grammi al giorno.

È importante, ma non tutti ne sono a conoscenza, non eliminarlo del tutto dalla dieta! Il cloruro di sodio è necessario per la vita proprio come l’acqua. 

Mantiene l’equilibrio dei liquidi nel nostro corpo e permette la trasmissione degli impulsi nervosi. Senza il suo utilizzo arriveremmo alla disidratazione, soprattutto adesso che è estate. Più il clima è caldo, più perdiamo acqua attraverso il sudore e più abbiamo bisogno di sale.


La concentrazione nel sangue deve rimanere costante altrimenti ogni funzione può essere interrotta.

Bisogna fare attenzione, però, anche a non mangiarne troppo per non incorrere in ipertensione e patologie cardiovascolari con danni a cuore, cervello, retina e rene. L’eccesso provoca l’escrezione renale di calcio che porta all’osteoporosi.

Sali dal mondo


Tra i diversi tipi esistenti vorrei soffermarmi su quelli che prendono il nome dal luogo d’origine.


Il sale marino integrale non contiene cloruro di sodio ma anche altri sali, tra cui quello di iodio, che aiutano a prevenire una patologia tiroidea tipica delle zone lontane dal mare. Per questo è il più adatto da utilizzare.

Il sale:


  • Rosa dell’Himalaya: totalmente privo di sostanze inquinanti.
  • Nero di Cipro: al quale viene aggiunto un mix di spezie come coriandolo, paprika, curcuma, zenzero, cumino, noce moscata, pepe di cayenna e chiodi di garofano.
  • Rosso delle Hawaii: che prende il nome da un’argilla rossa che gli conferisce il colore per la presenza di ossido di ferro. Un grammo di questo sale contiene una quantità di ferro fino a cinque volte superiore a quella contenuta nel sale comune.
  • Blu di Persia: la cui colorazione  è dovuta alla silvinite, una variante del reticolo cristallino del sodio. Ha un sapore speziato.
© Photo by Elena Bini

Come limitare l’uso del sale?

L’ostacolo più arduo può essere il condimento delle insalate, piatto largamente consumato in estate.
Per cercare di limitarne l’utilizzo possiamo optare per :

  • olio extravergine d’oliva, succo di limone e curry in polvere
  • basilico e aglio tritati, pinoli e mandorle, tutto da far macerare in olio evo
  • semi misti, olio evo e aceto
  • erbe aromatiche tritate e succo di limone
Queste sono soltanto alcune idee che vi possono aiutare…largo alla fantasia!






Sapore di...grano 
Cari lettori.. oggi iniziamo con "Sapore di…" ovvero una serie di articoli in cui verranno approfonditi aspetti poco conosciuti, e perchè no, anche curiosi, di quello che ogni giorno mangiamo.

Ad aprirvi le porte sarà uno dei protagonisti indiscussi della dieta mediterranea. Conosciamolo insieme.

Il grano


Ogni chicco  è composto da tre distinte parti che sono la crusca (ovvero l’involucro esterno di protezione, ricco di fibre), il germe (che contiene lipidi, minerali e vitamine) e l’endosperma, cioè la parte più ricca in carboidrati (amidi) di tutto il seme.


La farina di grano

Come tutti sappiamo la farina è un alimento solitamente ottenuto dalla macinazione e raffinazione di alcuni cereali, il più comune dei quali è il grano

Esistono vari tipi di grano, ma quelli comunemente usati sono il grano duro e il grano tenero. Originari della Mesopotamia, vengono coltivati oggi in Europa, Asia e Medio Oriente.

Le farine sono costituite principalmente da amido e da una quota variabile di proteine, grassi e fibre. La farina di grano è quella più utilizzata perchè contiene due proteine, gliadina e glutenina, che a contatto con l’acqua reagiscono e formano il glutine.


Non tollerato dalle persone celiache, il glutine è una sostanza che crea un reticolo elastico in grado di trattenere i gas che si sviluppano in seguito alla lievitazione dei prodotti da forno.

Ecco perchè il pane fatto con questa farina risulta più soffice di quello fatto con farine che non contengono glutine.

Le altre farine


In commercio possiamo trovare diversi tipi di farina: dal grano al farro, kamut, mais, ceci, castagne e fecola. Per quanto riguarda le farine di grano abbiamo:

  • La farina 00  che si ottiene dalla raffinazione del grano tenero dopo la rimozione del germe.

Non contiene fibre. Contiene quasi esclusivamente amido e proteine e risulta la più povera.

Viene impiegata per preparare pasta fresca, pasta all’uovo e dolci perchè si conserva molto bene ma è uno degli alimenti a più alto indice glicemico. Questo significa che, dopo il pasto, la glicemia si alza in misura elevata.

Basti pensare che, prendendo in esame la pasta (che consumiamo in maniera regolare più o meno tutti), con l’acqua di cottura  le molecole di amido si liberano  e si espandono e sono facilmente attaccabili dai nostri enzimi digestivi. 

Più le cotture in acqua  sono lunghe, più si alza l’indice glicemico. Preferite,quindi, la pasta cotta al dente!

  • Farina 0 , ovvero raffinata dal grano tenero contiene amidi ridotti in granuli finissimi e poche proteine.. Vale quanto detto per la farina 00.
  • Farina 1 e 2, sono le farine meno raffinate, sono più ricche in fibre e proteine. Contengono amido in granuli più grandi e l’indice glicemico è più basso. Dopo il pasto, quindi, la glicemia non subirà grandi variazioni.
  • Semola di grano, duro è uno sfarinato a granuli di amido grossi, viene utilizzata per pane e pasta. Ha un indice glicemico non troppo alto e può essere raffinata o meno.
  • Semola rimacinata, è ottenuta dalla rimacinazione della semola di grano duro ed è utilizzata per produrre il pane tipico di alcune regioni italiane come Puglia, Molise, Calabria, Basilicata e Sicilia.



Farina integrale


Contiene anche il germe di grano ed è ricca in fibre, vitamine, sali minerali e alcuni grassi insaturi. Contiene granuli di amido molto grandi. È la più completa dal punto di vista nutrizionale e certamente la migliore da utilizzare.

Attenzione: se viene macinata troppo finemente ha un indice glicemico simile a quello delle farine bianche! Allo stesso modo delle farine raffinate a cui viene aggiunta successivamente la crusca, non sono vere integrali.

Preparati

Un occhio di riguardo ai preparati per pizze o dolci.

Spesso contengono coloranti, dolcificanti, grassi e additivi. I grassi più usati sono i mono e digliceridi. La loro azione rompe la membrana cellulare dei batteri presenti ed evita il deterioramento del cibo. Meglio, quindi, non abusarne!



Riso nero con seppie e calamari

Raffinato alla vista, delicato al gusto e all’olfatto. Il riso nero è un primo piatto che accoglie la stagione estiva richiamando il mare.

Il riso nero o riso Venere è un riso integrale dal colore nero naturale, da non confondere con quello colorato al nero di seppia. Durante la cottura a crudo sprigiona un caratteristico aroma di pane appena cotto.

È stato ottenuto da un incrocio tra una varietà cinese e una varietà della Pianura Padana, dove tutt’oggi viene coltivato.

Sono importanti le sue proprietà nutrizionali e, da non dimenticare, le sue proprietà afrodisiache, da cui il nome riso proibito o Venere, in onore della dea romana dell’amore.





Ingredienti (per 4 persone)


  • 320 g riso Venere
  • 150 g seppie piccole 
  • 150 g calamari 
  • 1 ciuffo di prezzemolo
  • Scorza di 1 limone
  • 1 aglio
  • 1 peperoncino
  • 20 g vino bianco 
  • 1 L  brodo vegetale 
  • olio evo
  • sale integrale q.b.

Procedimento


Per prima cosa lavate il pesce già pulito. Tagliate i calamari a rondelle e tagliate le seppioline mantenendo intatti i tentacoli (daranno il tocco finale al piatto!). 

Fate un battuto di aglio, prezzemolo, peperoncino e limone e fatelo rosolare nella risottiera con un cucchiaio di olio e.v.o. A questo punto aggiungete il pesce e fate cuocere a fiamma bassa per 5 minuti. Salate e sfumate con il vino bianco.

Calamaretti  e seppioline  hanno tempi di cottura relativamente brevi, quindi attenzione a non cuocerli troppo, perché rischiate di mangiarli duri come il marmo. 

Quando sentite che il pesce è morbido e dorato in superficie vuol dire che è pronto per essere unito al riso. Aggiungetelo, quindi, e iniziate a tostarlo. Dopo 5 minuti iniziate ad aggiungere il brodo vegetale (se preferite potete aggiungere soltanto acqua) poco alla volta per 20 minuti.

Aggiustate di sale. Molto spesso non si arriva a consumare 1l di brodo, ma sempre meglio averne in abbondanza e non rischiare di rimanere senza. Il risotto è pronto quando assume una consistenza cremosa ed uniforme. 

La mantecatura è sconsigliata, anzi vietata! Meglio evitare burro o formaggi di sorta. Impiattate utilizzando un coppapasta, che darà la forma che desiderate al vostro risotto. È un’idea versatile per stupire i vostri ospiti.




Riso Integrale


Il riso integrale è il cereale più consumato al mondo. Introdotto dagli Aragonesi in Lombardia nel 1400, è più consumato al Nord Italia rispetto al Centro e al Sud.

È caratterizzato da amidi ma anche sali minerali, fibra grezza e vitamine del gruppo B. Il Venere, in particolare, è ricco di fosforo e magnesio.

La parte fibrosa del chicco contiene tricina, una sostanza con buone proprietà antinfiammatorie. Le fibre aiutano  a combattere la stipsi, non è pertanto un astringente come molti pensano. 

Tenete presente che il riso bianco è totalmente privo di fibre!  Il suo ridotto contenuto in proteine lo rende adatto a tutti coloro che soffrono di insufficienza renale.

Il basso indice glicemico lo rende tra i migliori cereali per chi è affetto da diabete. Contiene silicio organico, essenziale nella riparazione del tessuto osseo danneggiato, e inoltre, è privo di glutine.



Il ciambellone

Soltanto un ciambellone? Direi che c’è molto di più; c’è storia e c’è tradizione.

Ideale per la colazione ma anche per le merende dei più piccoli ,è un dolce dalla forma toroidale (circolare con il vuoto nel mezzo).

Storia


Il ciambellone affonda le sue radici nella storia contadina. Era definito “il dolce delle folle” poichè veniva preparato in occasione di pranzi, grosse cene o riunioni di parenti e amici.

Veniva cotto nel forno a legna
dalle donne di casa ed aveva un posto d’onore nei banchetti nuziali dove veniva servito accompagnato dalla crema.

Particolarmente amato nelle Marche, si è diffuso in ogni parte d’Italia e ogni regione ha sviluppato diverse varianti. La ricetta che vi propongo io è una variante toscana che mantiene la caratteristica principale, ovvero la glassatura  e l’aggiunta dei coriandoli di zucchero colorati.





Ingredienti (per uno stampo a 24 cm)


  • 350 g farina 00
  • 50 g fecola di patate
  • 200 g zucchero
  • 4 uova
  • 2 tuorli
  • 140 g burro
  • 70 mL latte 
  • 16 g  lievito 
  • scorza di 1 limone
Per la glassatura

  • zucchero a velo q.b.
  • succo di 1 limone


Procedimento

Per prima cosa montate i 6 tuorli con lo zucchero e lavorate per 10 minuti circa.

Unite poi il burro fuso tiepido, la scorza del limone, il latte (potete utilizzare quello senza lattosio per eventuali intolleranze), la farina e la fecola setacciate.


Infine il lievito, anch’esso setacciato e gli albumi montati a neve ben ferma.
Amalgamate il tutto e versate nello stampo a ciambella. Cuocete in forno statico per 45 minuti a 180°C.


Una volta sfornato lasciatelo raffreddare e poi procedete con la glassatura.
Spremete il succo del limone ed aggiungetevi tanto zucchero a velo fino ad ottenere una crema abbastanza densa.


Io ho preferito evitare l’uso dell’albume d’uovo ma per chi volesse una colorazione bianca più intensa basterà aggiungere 2 albumi d’uovo ed il gioco è fatto.

Distribuite la glassatura dal centro verso i bordi per fare in modo che scenda lungo le pareti del vostro ciambellone.





Pesto con foglie di carota 

Il pesto, un evergreen amato da tutti


Il suo profumo inconfondibile, l’odore di basilico che sprigiona lo rende uno dei piatti italiani più apprezzati.

Se ne conoscono molte varianti in base al gusto personale: con l'aggiunta di peperoncino, con o senza aglio, con pecorino piuttosto che parmigiano, con i pinoli, le mandorle o le noci. L’unica costante rimane il basilico.


E se vi proponessi un’alternativa? Sostituire il pesto con la foglia della carota. Un ciuffo pazzo che nasconde una sorpresa.

Sappiamo che non sempre si trovano al momento dell’acquisto, ma vi assicuro che cercarle ne vale la pena.




Ingredienti (6 persone)


  • 2 agli
  • 1 peperoncino
  • 1 mazzo di foglie di carota 
  • olio evo
  • parmigiano(variabile in base al gusto personale)
  • 200 g mandorle 

Procedimento


Iniziate staccando le foglie dalle carote, lavatele accuratamente e privatele dello stelo fibroso.

Dopo averle asciugate bene inseritele in un mixer insieme ai 2 agli privati della camicia, al peperoncino, alle mandorle, al parmigiano in scaglie e infine l’olio.

L’olio aiuta il pesto ad essere più cremoso, soprattutto in questa versione piuttosto granulosa permetterà una resa ottimale. Abbondate quindi, siate generosi.

Le mandorle donano un gusto speciale, adatto a sposarsi con il sapore rustico della foglia. Le consiglio rispetto ai classici pinoli. Buon risultato anche utilizzando le noci.




Un’idea semplice ma che vi permetterà di godere del pesto anche quando il basilico non è disponibile.




 
Qualora optiate per un primo piatto il mio consiglio è quello di allungare il pesto con un po’ di acqua di cottura. 

L’acqua di cottura permette di sciogliere il pesto in modo da poterlo amalgamare bene alla pasta una volta scolata.
Non vi resta che provarlo!